Blogger come giornalisti? Meglio non rischiare: dietro a post
informativi o ad editoriali fiammeggianti si potrebbe celare un
terrorista. Questione controversa, quella del Free Flow of Information Act 2007,
approvato dal Senato statunitense per concedere ai giornalisti la tutela del segreto professionale
a livello federale. Per un attimo si è pensato che anche i blogger
avrebbero potuto entrare a far parte della categoria, ma qualche
emendamento e qualche raccomandazione dell'amministrazione Bush
sembrano ridimensionare la novità.
È Ars Technica a fornire ragguagli
in proposito: nel corso di indagini federali, i giornalisti saranno
tutelati dal segreto professionale per mantenere l'anonimato delle loro
fonti. Se la proposta dovesse convertirsi in legge, verrà garantito il
libero fluire dell'informazione tra fonti, giornalisti e cittadini,
sarà tutelato il ruolo di watchdog di tutti i media e il diritto ai cittadini a potersi informare.
Ma
chi è compreso nell'ampia categoria dei giornalisti? Nel testo della
legge si parla dell'interessato come di una persona che "fornisce,
assembla, raccoglie, fotografa, registra, scrive, modifica, segnala o
pubblica delle notizie o delle informazioni che riguardano gli eventi
locali, nazionali o internazionali o altri argomenti di interesse
pubblico". Persone che, precisazione che fa la sua comparsa solo nella
versione emendata della proposta di legge, sono impegnate nel giornalismo "per guadagnare o per vivere". L'ultima versione della legge, commentava già mesi fa ZDNet,
non spiega chiaramente se possano ritenersi giornalisti a tutti gli
effetti solo i blogger stipendiati o anche coloro che circondano i loro
post di comunicati pubblicitari. Una confusione che potrebbe dare
origine a differenti interpretazioni ed applicazioni della tutela,
complicando eventualmente il quadro delle responsabilità che potrebbero iniziare a gravare sulle spalle dei non-professionisti dell'informazione.
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Non è soddisfatta nemmeno la Casa Bianca, che intende opporsi strenuamente alla confusione generata dal testo della proposta di legge, che rischia di estendere anche al blogger lo status di giornalista:
se così fosse, se il blogger venisse considerato giornalista a tutti
gli effetti, verrebbero concessi "ampi privilegi a persone che agiscono
sotto mentite spoglie (che aprono blog ad hoc, spacciandosi per
informatori assidui, ndr), che potrebbero ostacolare – in alcuni casi
vanificare completamente – la capacità del governo Federale di indagare
in materia di atti di terrorismo e di questioni che interessano la
sicurezza nazionale."
Poynter Institute, punto di
riferimento per i professionisti dell'informazione, non ha dubbi: visto
anche l'atteggiamento assunto dall'Amministrazione Bush, è pressoché
certo che i blogger saranno esclusi dalla tutela. L'organizzazione non
lesina osservazioni taglienti:
se il giornalismo è un esercizio della libertà di espressione, se
l'essere giornalista muove dal desiderio di garantire alle persone il
diritto ad essere informate, per quale motivo la proposta di legge agisce con la discriminante del pagamento?
Per quale motivo non si fa nessuna distinzione fra giornalisti pagati e
non pagati, quando invece si tratta di calpestare la libertà di
esprimersi e di essere informati?
A tale proposito è eloquente l'ultima classifica di Reporters Sans Frontières in materia di libertà nell'informazione. RSF
traccia un quadro a tinte fosche della situazione dei blogger, che le
autorità considerano informatori a tutti gli effetti: responsabili e
punibili. Sono almeno 64, globalmente, i blogger incarcerati proseguono la loro crociata contro la blogosfera, mentre la giunta militare a per aver tentato di rivolgersi alla società civile online: sono 50 i cyberdissidenti cinesi dietro le sbarre, l'egiziano Kareem Suleiman è ancora in cella, Iran, Malaysia e VietnamMyanmar tenta in egual misura di ridurre al silenzio blogger e giornalisti. Gli stessi Stati Uniti hanno recentemente rilasciato un blogger: si batteva per garantire ai netizen un'informazione libera e indipendente.
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